Prodotti principe

La castagna rossa

La castagna Rossa del Cicolano si sviluppa lungo la Valle del Salto e lungo la valle del Turano, nella parte sud orientale della provincia di Rieti in cui è presente la Riserva Naturale dei Monti Navegna e Cervia.

Di taglia superiore rispetto ai marroni e alle altre castagne, la Rossa del Cicolano ha una forma rotondeggiante al cui apice si può trovare un po’ della peluria, tipica del frutto, il seme è di colore bianco e croccante; sapore: delicato e dolce. Per la sua particolare qualità è riconosciuta come una delle più pregiate in assoluto.

Infatti, è una varietà di gran pregio a cui, nel passato, è stata fortemente legata l’economia dell’area. 

All’età del bronzo risalgono i resti carbonizzati di castagne ritrovati in località Val di Vani, nel comune di Pescorocchiano.

La stagione principe è l’ Autunno:tempo di castagne un po’ ovunque in tutt’Italia. E’ un prodotto dei boschi che nei secoli ha avuto un’importanza davvero rilevante nelle economie locali. Nell’Italia Centrale, e in particolare nel Cicolano, nella valle del Turano e del Salto, in provincia di Rieti, la coltura del castagno ne ha da sempre caratterizzato il paesaggio grazie alle condizioni pedoclimatiche favorevoli.

A Pescorocchiano, uno dei capoluoghi presenti nell’area del Cicolano, agli inizi del mese di novembre, di ogni anno, si tiene una frequentatissima sagra della castagna dove il profumo delle caldarroste e dei tanti piatti tipici del luogo, a base del delicato frutto, attirano gente proveniente da tutta Italia.

A rafforzare l’importanza che questo frutto aveva in tutta l’area ci viene in aiuto questo bellissimo “Vecchio” proverbio reatino:

“Allu Burghittu se non fosse pe’ li frutti se sarianu morti tutti”

Con poche ed efficaci parole, viene esemplifica l’importanza assunta, nel corso degli anni, dalle castagne nell’ambito dell’economia locale.

La lenticchia di Rascino

Si fa presto a dire lenticchie, protagoniste di tante ricette specialmente durante le feste. L’eccellenza, però, la possiamo trovare nelle Lenticchie di Rascino, da sempre coltivate a 1200 m d’altezza sull’omonimo Altipiano. E’ un prodotto che arriva direttamente dalla tradizione e che oggi è tutelata dal suo Presidio Slow Food.

Non hanno mai subito interventi di selezione, per questo si presentano piccole e marroni con sfumature tendenti al rosso, ma sia le dimensioni che il colore non sono uniformi. Questa diversità le rende naturalmente resistenti e gli conferisce un ampio ed intenso bouquet di sapori.

La coltivazione inizia nel mese di aprile, quando i terreni non sono più innevati e l’Altipiano di Rascino torna ad essere accessibile.

Questa zona completamente priva di insediamenti umani ospita la sorgente naturale di acqua che dà vita all’antico acquedotto del Peschiera, un’opera imponente che arriva fino a Roma. Grazie alla presenza della sorgente, sull’altopiano è proibita qualsiasi attività agricola che preveda l’utilizzo di prodotti chimici e quindi le coltivazioni sono effettuate senza diserbanti, fertilizzanti, prodotti chimici e trattamenti antiparassitari.

La raccolta si svolge invece in agosto. Le piante vengono tagliate e raggruppate in file chiamate “andane”, dove si lasciano asciugare e poi si trebbiano. Vengono quindi messe ad asciugare per la seconda volta al sole, sulle terrazze o nelle aie delle case.

Piatti tipici

Ciammelle summe salate (Queste ciambelle salate fanno parte della tradizione gastronomica di Pescorocchiano. Sulla spianatoia impastare la farina con l’acqua,un pizzico di sale ed i semi di finocchio. Fare una pasta di giusta consistenza quindi, prendendo un pò di pasta alla volta, allungarla lavorandola con le mani. Formare delle ciambelle piuttosto grandi. Ungere una teglia, spolverare di farina, disporvi le ciambelle e cuocerle in forno a 200° per una ventina di minuti- mezz`ora. Sfornarle, sformarle e lasciarle raffreddare.)

Pizza rentorta con pecorino (Questa pizza si esegue impastando le uova con la farina e tirando,con il mattarello, una sfoglia sottile. Cospargere la sfoglia in abbondante pecorino grattugiato ed irrorare con un filo d`olio d`oliva. Arrotolare la sfoglia quindi avvolgerla a mò di serpente. Schiacciarla poi leggermente con il mattarello in modo da ottenere un’alteza di due o tre centimetri. Disporla in una teglia unta e cuocerla in forno. La ricetta originaria la vuole cotta sotto la brace ed ovviamente, cosi` cotta, è più saporita e più gustosa. Mangiarla calda calda.)

Pizza rentorta con salsiccia (Questa pizza, tipica del Cicolano, si esegue impastando le uova con la farina e, con il mattarello, tirare una sfoglia sottile. Ungere la sfoglia con un filo di olio d’oliva e cospargerla di salsiccia di carne fresca, sbriciolata o di salsiccia di fegato fresca, sbriciolata. Arrotolare la sfoglia, quindi avvolgerla a mo’ di serpente. Con il mattarello schiacciare leggermente la pizza così da ridurla ad un’altezza di due o tre centimetri. Cuocerla sotto la brace oppure disporla in una teglia unta e cuocerla in forno. Sfornarla a cottura e mangiarla calda.)

Pizza co li sfrizzoli (Prendere 700 gr di pasta lievita del pane e lavorarla sulla spianatoia incorporandovi lo strutto e il sale. Aggiungere poi 200 gr di sfrizzoli e lavorarla ancora. Ungere una teglia con 50g di strutto e disporvi la pasta. Cuocere in forno non troppo vivace per una mezz’ora.)

Pizza di granturco (Disporre 100 gr di farina di granoturco e 200 gr di farina bianca a fontana sulla spianatoia ed impastarla con mezzo bicchiere di latte, mezzo bicchiere d’olio d’oliva, 100 gr di fichi tritati grossolanamente, 50 gr di uva passa rinvenuta in acqua tiepida, un uovo e 100 gr di zucchero. Ungere una teglia, spolverizzarla di farina, disporvi la pizza ed infornare a 180° per quaranta minuti. Sfornare, sformare e lasciare raffreddare.)

Pizza lievita (Al momento della “spianatura”del pane, ad un panetto anzichè la forma di pagnotta o di filone si imprimeva per lo più una forma ovale e diventava pizza. Veniva poi un pò pizzicottando qua e là, bucherellato con una forchetta ed infornato. La pizza lievita va mangiata ben calda appena tirata fuori dal forno. Si spacca a metà e si riempie di prosciutto, di verdure o di fichi e prosciutto.)

Ciambelline al vino (Ingredienti: 1 tazza di vino bianco secco; 1 tazza di zucchero; 1 tazza di olio d’oliva; semi si anice a piacere; farina q.b. Dolcetto antrodocano che si mangia per lo più intingendolo nel vino. Disporre la farina a fontana sulla spianatoia e, al centro, porvi tutti gli ingredienti. Impastare e, prendendo un pezzetto di pasta alla volta, allungarla e formare le ciambelline. Ungere la placca del forno, spolverizzarla di farina e disporvi le ciambellette. Cuocere in forno a 200° per venti minuti. Sfornarle, con la punta del coltello sollevarle dalla placca e lasciarle raffreddare.)

Ciammelle summe dolci

Pizzicotti

Murzitti

Cauciuni

Tozzetti (Ingredienti: 500 gr di miele; 500 gr di noci; ¾ di un bicchiere di olio d’oliva; 1 cucchiaio di strutto; pepe; buccia di arancia tagliata a piccolissimi dadini; farina q.b. Impastare tutti gli ingredienti sulla spianatoia e fare una pasta morbida. Ungere leggermente la spianatoia, tirare delle striscette di pasta e tagliarle a rombi. Cuocere in forno caldo a 180°. Sfornare, sformare e lasciare raffreddare.)

Sugo con spuntature (In una casseruola versare un pò di olio d`oliva ed unire un batutto di lardo o di pancetta o di guanciale,sedano,carota,aglio,cipolle e prezzemolo.Appena le verdure saranno imbiondite,aggiungere le costarelle e farle insaporire.Quando avranno assunto un bel colore dorato, bagnarle con un bicchiere di vino bianco secco e lasciarlo evaporare.Aggiungere i pomodori maturi scottati,pelati e tagliati a pezzi oppure il pomodoro in bottiglia oppure i pelati.Salare ed aggiungere un pezzetto di peperoncino.Far tirare bene il sugo per un`oretta e più, a fuoco moderato.)

Sugo con cacciagione (agliare a pezzi piccoli la carne di cinghiale, lavarla ed asciugarla. Metterla a bagno nel vino rosso e lasciarla marinare per qualche tempo. Versare vino e cinghiale in una casseruola e fare rosolare bene la carne con olio d’oliva senza mettere sale, altrimenti si attaccherebbe. Quando la carne sarà bene rosolata, aggiungere il pomodoro e gli aromi naturali. Fare restringere il sugo e salare quasi a fine cottura. Questo sugo è ottimo per condire gli gnocchi.)

Sugo di pecora (Occorre mezzo chilo circa di carne di pecora magra, metà tagliata a tocchetti e metà macinata. In una pentola mettere a soffriggere olio d’oliva ed un trito di cipolla, sedano e carota. Appena le verdure saranno appassite versarvi tutta la carne e farla rosolare. Irrorare con vino bianco o rosso e lasciare evaporare. Aggiungere i pomodori a pezzi o in bottiglia, salare, pepare e far cuocere a fuoco basso. Badare di non fare restringere troppo il sugo che dovrà mantenere una consistenza sciolta. Condire la pasta e spolverizzarla di abbondante formaggio pecorino grattugiato al momento.)

Arance condite (Sbucciare le arance ed eliminare la pellicola bianca che le circonda. Tagliarle a fette orizzontali alte un centimetro e condirle con olio d’oliva, sale e peperoncino.)

Lenticchie in umido (Pulire le lenticchie e metterle a bagno la sera prima. L’indomani scolarle, sciacquarle, versarle in una pentola, riempita di acqua appena tiepida, salare leggermente e porle sul fuoco a bollire piano piano. A parte, preparare un soffritto con olio d’oliva e un trito di cipolla. Appena la cipolla sarà appassita, unirvi i pomodori maturi a pezzi o pelati o in bottiglia, un pizzico di sale, una spruzzatina di pepe nero macinato al momento, uno spicchio d’aglio schiacciato ed una foglia d’alloro. Appena il sugo si sarà leggermente rappreso, versarlo sulle lenticchie che intanto avranno raggiunto il bollore. Aggiustare di sale se necessario e continuare l’ebollizione fino a cottura completa.)

Farro

Sanguinaccio (Un tempo non vi era famiglia che non avesse il maiale: questo animale rappresentava infatti un vero tesoro perché forniva tutto, dal condimento alla carne e per quasi tutto l’arco dell’anno. Quando si uccideva il maiale si era soliti raccogliere il sangue in un recipiente e farlo coagulare per realizzare poi questa gustosissima pietanza di cui ora darò la ricetta. Questo “sanguenacciu” si preparava a Rivodutri e si realizzava così. Dopo aver fatto coagulare il sangue raccolto, si passava al colabrodo quindi si faceva bollire insieme a pezzettini di buccia di arancia tagliati piuttosto piccoli, pinoli, uva passa, cacao, uno o due chiodi di garofano, cioccolato fondente grattugiato e zucchero. Questi ingredienti dovevano bollire fino a formare un impasto piuttosto omogeneo. Tolto dal fuoco e lasciato appena raffreddare, l’impasto veniva insaccato nelle budella dell’intestino crasso. Si formavano dei sanguinacci lunghi una trentina di centimetri e chiusi all’estremità, legati da uno spago. Si facevano poi bollire per una ventina di minuti a fuoco basso per evitare che si rompessero durante la cottura quindi, appesi ad un palo di legno nella cucina o nella cantina, venivano fatti asciugare. Si mangiavano tagliati a fette alte un centimetro come companatico, tra due fette di pane casereccio oppure scaldate in padella con un goccino di olio d’oliva.)

Trippa (Il vero piatto contadino era costituito dalla trippa di maiale perché quella di manzo o di vitello appartenevano alla cucina italiana.. Comunque, poiché la trippa era un piatto non certo riservato ai signori, essa veniva cucinata dal popolo e dai contadini. “Giovedì gnocchi e sabato trippa”, “qua non c’è trippa pe’ gatti” sono proverbi romaneschi che ben indicano i destinatari di questo gustosissimo piatto. Per prepararlo si procede come di seguito. Lavare bene la trippa e raschiarla con la lama di un coltello per pulirla bene. Riempire di acqua una pentola alta e capace, salare e porvi la trippa a cuocere per un’oretta circa. Scolarla e, sull’apposito tagliere di legno, tagliarla a listerelle sottili. Preparare un trito di cipolla, aglio, prezzemolo, sedano, carota e peperoncino (salvia e rosmarino, se piacciono). Far soffriggere il trito in una pentola, in abbondante olio d’oliva. Unirvi la trippa e lasciare insaporire per una decina di minuti, girando ogni tanto per far sì che si condisca bene dappertutto. Versarvi un bicchiere di vino bianco secco e fare evaporare. Aggiungere pomodori maturi a pezzi o pelati o in bottiglia, ricoprire con brodo o, in mancanza, con acqua tiepida. Aggiustare di sale e peperoncino, quindi continuare la cottura per oltre due ore, badando che non si attacchi. Se si dovesse restringere troppo il sugo, allungare con brodo o con acqua tiepida. A cottura ultimata, servire caldissima spolverandovi sopra abbondante pecorino grattugiato al momento.)

Cotiche con fagioli (Pulire le cotiche, sgrassare e fiammeggiarle se occorre. Lessare le cotiche e gettare via l’acqua di cottura. Lessare i fagioli messi a bagno la sera precedente e lasciarli nell’acqua di cottura. Preparare un battuto di grasso e magro di prosciutto, aglio, cipolla, sedano, carota, e prezzemolo. Soffriggere il battuto in olio d’oliva con un pezzetto di peperoncino. Appena le verdure saranno appassite, aggiungere le cotiche e farle un po’ insaporire. Unire qualche pomodoretto maturo scottato, pelato e tagliato a pezzi oppure i pelati oppure i pomodori in bottiglia oppure un po’ di conserva diluita in un goccino di acqua tiepida. Appena il sughetto si sarà un po’ rappreso, unirvi i fagioli con l’acqua di cottura. Salare e pepare. Proseguire la cottura per una mezz’ora. Servirli caldi.)

Strozzapreti/Cecamariti/Longaregli (Disporre la farina a fontana sulla spianatoia, quindi porvi al centro l`acqua bollente, un pizzico di sale ed impastarla. Lavorare l`impasto finché non risulti liscio e vellutato. Staccare un pizzicotto di pasta per volta e lavorarla allungandola con le mani fino ad ottenere dei maccheroni. Disporre gli “strozzapreti” su una salvietta infarinata per far sì che non attacchino, quindi cuocerli in abbondante acqua bollente salata. Scolarli man mano che salgono in superficie e condirli con un sugo di aglio, olio, pomodoro e peperoncino. Se si desidera, potranno cospargersi di pecorino grattugiato: il piatto però non lo esige, almeno se si esegue con questo sugo.)

Fettuccine

Frascarelli (Mettere a soffriggere in una pentola da minestra il lardo a pezzetti e un po’ di cipolla finemente tagliata. Appena la cipolla sarà appassita, aggiungere il pomodoro in bottiglia o i pelati. Salare, pepare e fare insaporire. Allungare l’acqua necessaria, aggiustare di sale e portare ad ebollizione. Lasciare bollire per una mezz’ora piano piano, perché la minestra insaporisca bene. Preparare la pasta con uova e farine sì da ottenere un impasto piuttosto duro. Sbriciolare l’impasto con le mani lasciando cadere i “frascarelli” sulla spianatoia. Cuocerli nella minestra, scodellarli e condirli con pecorino grattugiato. Vanno mangiati caldi.)

Stracciatella (E` questo un piatto che, nei pranzi tradizionali, veniva sempre servito come apertura, dopo l`antipasto. Per ottenere una buona stracciatella è necessario un buon brodo di carne: di manzo, di gallina, di tacchino oppure misto di manzo e di agnello. In una terrina versate le uova tenendo presente che, per quatro persone, occorrono due uova intere e due tuorli, il succo di un limone ed una presa di sale. Sbattere le uova e, al momento di servire, quando il brodo sarà in ebollizione, versarvi le uova sbattute girando di continuo per non farle aggrumare. In mezzo secondo la stracciatella è pronta. Togliere dal fuoco e, sempre girando, scodellarla ben calda. Se piace, spolverarla di parmigiano grattugiato.)

Fave e pecorino (Servire delle belle fave fresche, appena raccolte, in un piatto di servizio. Su un altro piatto da portata disporre fette di formaggio pecorino tagliate non troppo sottili oppure tagliate a tocchetti. Sul tavolo disporre qualche saliera di modo che ogni commensale possa prendere un po’ di sale e metterlo nel proprio piatto. Sgusciare le fave, intingerle nel sale e mangiarle insieme al pecorino.)